(tratto da "Perche' l'Oriente" di Francesco Casaretti - 1995
Sperling & Kupfer Editori SpA)
In principio era la donna. Nelle prime quattro, cinque settimane della nostra vita di feti, eravamo tutti donne. Poi alcuni di noi hanno "deviato". Per via di una "Y" al posto di una "X" nei cromosomi, alcuni di noi hanno rinunciato a rimanere femmine. E' a partire da questo momento che gli ormoni sessuali maschili cominciano ad agire non solo sulla forma del corpo ma anche sulla struttura del cervello, soprattutto su quel ponte fra i due emisferi cerebrali che gli scienziati chiamano "corpo calloso". Nel maschio questo ponte comincia ad assottigliarsi al terzo mese di vita. Molti neuroni, privi di collegamento, muoiono nel maschio già qualche mese prima della sua nascita. Nel cervello femminile invece questo ponte rimane integro e questo permette una maggiore comunicazione tra i due emisferi.
L'emisfero cerebrale sinistro è razionale, ama la logica, i concetti, le linee rette. Quello destro è più analogico che logico, preferisce l'intuizione al ragionamento, le immagini alle parole, le circonferenze alle linee rette.
Le caratteristiche dell'emisfero sinistro sono più maschili, quelle dell'emisfero destro più femminili. Ogni essere umano ha bisogno per vivere di tutti e due gli emisferi. Ma la riduzione del corpo calloso operata dal testosterone fa si che l'uomo abbia difficoltà a usare contemporaneamente i due emisferi. In pratica e' come se fosse costretto a vivere con solo mezzo cervello. O l'uno o l'altro. O la ragione o l'intuito.
Anche se il linguaggio e' legato all'emisfero cerebrale sinistro, un maggiore collegamento con quello destro da' evidentemente i suoi frutti. Che si tratti di parlare o di ascoltare, di risolvere un problema o di prendere una decisione, la donna usa il cervello in modo più integrale. E' naturale che ciò comporti un diverso approccio nei confronti della realtà. L'intelligenza dell'uomo tende a separare, a distinguere. Quella della donna tende invece a unire, a considerare le cose nella loro totalità. ....
La Grande Dea
Anche per quanto riguarda la storia dell'umanità si può affermare che "in principio era la donna". Da migliaia e migliaia di reperti archeologici (periodo Neolitico 7000-3500 a. C.) risulta il culto della Grande Dea: questo culto vedeva nell'universo il corpo vivente di una "creatrice" che esprimeva la sua volontà attraverso i vari fenomeni naturali.
La donna con i suoi cicli, la sua fecondità, era l'incarnazione stessa dei ritmi della natura e della fertilità della terra. Allo stesso modo la Grande Dea era l'incarnazione della forza generatrice e della creazione dell'intero universo. Depositaria di ogni mistero, di ogni segreto della vita, in tutte le sue forme, in tutte le sue manifestazioni. E quindi anche depositaria del mistero della morte. Morte che però, come nelle piante, come nel sole che ciclicamente scompare, genera ogni volta nuova vita. ....
L’arte di questo periodo privilegia cerchi e spirali. Nessuna traccia quasi di linee rette.
Il fatto che nella preistoria non si sia sentito il bisogno di concepire un Padre creatore ma solo una Madre è comprensibile. Nove mesi di gestazione erano troppo lunghi per mettere in relazione il coito con il parto. Si pensava che la donna partorisse grazie a forze naturali, le stesse che tornavano a rinverdire le piante a primavera.
Prima che l'uomo si rendesse conto di essere padre, e' normale che la donna fosse venerata come l'unica sorgente di vita.
In quel periodo, non essendoci famiglia, i figli erano considerati figli di tutto il clan. Ciò impediva il senso della proprietà e questo rendeva le popolazioni del Neolitico generalmente pacifiche. Non vi erano padroni ne' capi, nessuno opprimeva il prossimo, non vi era violenza.
La celebrazione della vita e' il motivo dominante di tutta l'arte legata al culto della Grande Dea. La morte veniva considerata semplicemente come una pausa, un sonno a cui seguiva nuova vita. La Grande Dea era il simbolo dell'unità di tutte le manifestazioni della natura. Simbolo della natura stessa, in cui l'uomo si sentiva profondamente e completamente inserito.
La svolta maschile
Quando l'uomo per la prima volta si rese conto del suo ruolo nella generazione dei figli si trovò di fronte alla difficoltà di dover trovare il modo di riconoscere i propri figli da quelli degli altri. Nacque così la necessità di avere un assoluto controllo sulla donna, in modo che non possa avere rapporti con altri uomini. Nacque l'istituzione della famiglia e la creazione di tutta una serie di leggi e regole.
L'inizio della storia è legato alla violenza dell'uomo sulla donna. All'istituzione della famiglia come espressione di proprietà e dominio da parte dell'uomo sulla donna e sui figli.
Questo determinò anche un profondo mutamento del rapporto degli uomini con la Natura.
Dall'accettazione e dalla venerazione per tutto ciò che è naturale si passa a una concezione in cui l'uomo tende a "emanciparsi", a porsi al di sopra delle leggi della Natura. La sfida, cerca di controllarla, di dominarla in tutti i modi. Sostituisce l'ordine naturale un suo ordine artificiale che presume essere di gran lunga migliore.
Riconoscere un principio generatore maschile accanto a quello femminile rientra in una visione naturale. Ma l'uomo sente la necessità di andare oltre. Deve imprigionare in tutti i modi la donna per essere sicuro della sua paternità.
In principio era la donna. Nelle prime quattro, cinque settimane della nostra vita di feti, eravamo tutti donne. Poi alcuni di noi hanno "deviato". Per via di una "Y" al posto di una "X" nei cromosomi, alcuni di noi hanno rinunciato a rimanere femmine. E' a partire da questo momento che gli ormoni sessuali maschili cominciano ad agire non solo sulla forma del corpo ma anche sulla struttura del cervello, soprattutto su quel ponte fra i due emisferi cerebrali che gli scienziati chiamano "corpo calloso". Nel maschio questo ponte comincia ad assottigliarsi al terzo mese di vita. Molti neuroni, privi di collegamento, muoiono nel maschio già qualche mese prima della sua nascita. Nel cervello femminile invece questo ponte rimane integro e questo permette una maggiore comunicazione tra i due emisferi.
L'emisfero cerebrale sinistro è razionale, ama la logica, i concetti, le linee rette. Quello destro è più analogico che logico, preferisce l'intuizione al ragionamento, le immagini alle parole, le circonferenze alle linee rette.
Le caratteristiche dell'emisfero sinistro sono più maschili, quelle dell'emisfero destro più femminili. Ogni essere umano ha bisogno per vivere di tutti e due gli emisferi. Ma la riduzione del corpo calloso operata dal testosterone fa si che l'uomo abbia difficoltà a usare contemporaneamente i due emisferi. In pratica e' come se fosse costretto a vivere con solo mezzo cervello. O l'uno o l'altro. O la ragione o l'intuito.
Anche se il linguaggio e' legato all'emisfero cerebrale sinistro, un maggiore collegamento con quello destro da' evidentemente i suoi frutti. Che si tratti di parlare o di ascoltare, di risolvere un problema o di prendere una decisione, la donna usa il cervello in modo più integrale. E' naturale che ciò comporti un diverso approccio nei confronti della realtà. L'intelligenza dell'uomo tende a separare, a distinguere. Quella della donna tende invece a unire, a considerare le cose nella loro totalità. ....
La Grande Dea
Anche per quanto riguarda la storia dell'umanità si può affermare che "in principio era la donna". Da migliaia e migliaia di reperti archeologici (periodo Neolitico 7000-3500 a. C.) risulta il culto della Grande Dea: questo culto vedeva nell'universo il corpo vivente di una "creatrice" che esprimeva la sua volontà attraverso i vari fenomeni naturali.
La donna con i suoi cicli, la sua fecondità, era l'incarnazione stessa dei ritmi della natura e della fertilità della terra. Allo stesso modo la Grande Dea era l'incarnazione della forza generatrice e della creazione dell'intero universo. Depositaria di ogni mistero, di ogni segreto della vita, in tutte le sue forme, in tutte le sue manifestazioni. E quindi anche depositaria del mistero della morte. Morte che però, come nelle piante, come nel sole che ciclicamente scompare, genera ogni volta nuova vita. ....
L’arte di questo periodo privilegia cerchi e spirali. Nessuna traccia quasi di linee rette.
Il fatto che nella preistoria non si sia sentito il bisogno di concepire un Padre creatore ma solo una Madre è comprensibile. Nove mesi di gestazione erano troppo lunghi per mettere in relazione il coito con il parto. Si pensava che la donna partorisse grazie a forze naturali, le stesse che tornavano a rinverdire le piante a primavera.
Prima che l'uomo si rendesse conto di essere padre, e' normale che la donna fosse venerata come l'unica sorgente di vita.
In quel periodo, non essendoci famiglia, i figli erano considerati figli di tutto il clan. Ciò impediva il senso della proprietà e questo rendeva le popolazioni del Neolitico generalmente pacifiche. Non vi erano padroni ne' capi, nessuno opprimeva il prossimo, non vi era violenza.
La celebrazione della vita e' il motivo dominante di tutta l'arte legata al culto della Grande Dea. La morte veniva considerata semplicemente come una pausa, un sonno a cui seguiva nuova vita. La Grande Dea era il simbolo dell'unità di tutte le manifestazioni della natura. Simbolo della natura stessa, in cui l'uomo si sentiva profondamente e completamente inserito.
La svolta maschile
Quando l'uomo per la prima volta si rese conto del suo ruolo nella generazione dei figli si trovò di fronte alla difficoltà di dover trovare il modo di riconoscere i propri figli da quelli degli altri. Nacque così la necessità di avere un assoluto controllo sulla donna, in modo che non possa avere rapporti con altri uomini. Nacque l'istituzione della famiglia e la creazione di tutta una serie di leggi e regole.
L'inizio della storia è legato alla violenza dell'uomo sulla donna. All'istituzione della famiglia come espressione di proprietà e dominio da parte dell'uomo sulla donna e sui figli.
Questo determinò anche un profondo mutamento del rapporto degli uomini con la Natura.
Dall'accettazione e dalla venerazione per tutto ciò che è naturale si passa a una concezione in cui l'uomo tende a "emanciparsi", a porsi al di sopra delle leggi della Natura. La sfida, cerca di controllarla, di dominarla in tutti i modi. Sostituisce l'ordine naturale un suo ordine artificiale che presume essere di gran lunga migliore.
Riconoscere un principio generatore maschile accanto a quello femminile rientra in una visione naturale. Ma l'uomo sente la necessità di andare oltre. Deve imprigionare in tutti i modi la donna per essere sicuro della sua paternità.